LA DECADENZA ITALIANA
( XVI – XVIII secolo)
L’attualità
di una possibile storia
Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto
Sabetta
Indice
Introduzione
L’egemonia spagnola in Italia ( 1560 – 1713)
·
L’ Italia a metà del secolo XVI;
·
Gli strumenti del dominio spagnolo;
·
Le fasi del dominio spagnolo;
·
La decadenza economica.
Introduzione
Vi è una difficoltà nell’identificarsi dello Stato nella Nazione, una
polverizzazione successiva del primo in una serie di municipalità e aree
geo-storiche pre-unitarie.
Una stratificazione
anche amministrativa e giuridica che lentamente conduce al possibile
dissolvimento del tessuto statale, per fare emergere costose e talvolta doppie
realtà locali, le quali non rispondono più ai precedenti storici.
Il
sentimento nazionale è d’altronde compromesso dalla colonizzazione di ritorno
della burocrazia che vi è stata nel dopoguerra, nonché da un intervento
pubblico che si è risolto in molte aree non in spinte produttive ma in puro
assistenzialismo, più consono ad un ceto politico di “notabili”, distributori
di prebende e benefici vari.
La geo-strategia
ha scoperto i limiti e le debolezze del sistema, venendo meno le coperture
della Guerra Fredda e i limiti delle “cortine”, in un mondo interconnesso in
cui vi è la difficoltà di creare stabili istituzioni europee, l’Italia come
nella prima globalizzazione tra ‘400 e ‘500 si è scoperta istituzionalmente
debole, litigiosa, con una élite insufficiente ed esposta apertamente agli
appetiti stranieri, vista anche la sua ricchezza mal custodita.
(AA.VV. – Una strategia
per l’Italia – LIMES 2/2019).
L’Italia a metà del
secolo XVI
Dal 1559 al 1713 lo stato
territoriale dell’Italia resta invariato, la dominazione spagnola blocca
l’evoluzione verso lo stato unitario; assicura, in cambio, un periodo di
stabilità politica mai prima conosciuto dopo la caduta dell’Impero romano.
In quest’epoca l’Italia assume una
fisionomia materiale e morale che persisterà per lunghissimo tempo e tratti
che, per certi aspetti, caratterizzano ancora ai nostri giorni la nostra
nazione, sia nei paesaggi rurali che nella mentalità.
Politicamente, bisogna dividere la
penisola in due grossi complessi:
a)
Gli
stati spagnoli, o l’Italia spagnola,
che comprende il Ducato di Milano, tutto il Meridione continentale, le Isole (Regno
di Napoli, Regno di Sicilia, Regno di Sardegna), sono governati da Viceré
spagnoli da cui dipendono anche i presidi toscani. Nei primi anni del ‘600 la
Spagna si assicura un piccolo ma vitale dominio anche in Liguria.
b)
Gli
stati regionali italiani, di cui i più importanti:
Lo Stato Savoiardo
Durante il rinascimento e per lungo
tempo ancora, è questo lo Stato meno italiano, ma è anche lo Stato, come
Venezia, che di più è ostile alla Spagna.
Gli inizi sono modesti. Costituito
intorno al Mille sul versante occidentale delle Alpi da un conte di Borgogna,
Humbert aux Blanches Mains, ha feudi
sparsi tra il Rodano, il Vallese e il lago di Ginevra e arriva nella Maurienne
fino al Moncenisio.
I suoi successori prendono piede nel
Piemonte: Susa, Ivrea, Pinerolo, successivamente estendono il loro dominio alla
Savoia (Chambéry) e ad Aosta.
Nel ‘300 nuove terre si aggiungono a
Nord (oltre-Rodano) e nel Sud (Cuneo, Nizza e Ventimiglia). L’espansione in
Piemonte è difficile ed è contrastata da Genova, solo nel ‘400 il Duca di
Savoia occupa Torino. E’ uno Stato montanaro e feudale, inutilmente il Duca di
Savoia tenta di fare di Ginevra la capitale dei suoi stati.
Nel ‘400 lo Stato Savoiardo è in crisi,
minacciato a Ovest dal potente Regno di Francia. La crisi dovuta alla Riforma
protestante toglierà per sempre Ginevra al Duca, mentre Milano e Genova gli
rendono impossibile l’espansione ad Oriente e Sud. L’invasione e l’occupazione
francese del ducato durante le guerre d’Italia sembrano segnarne la fine.
Emanuele Filiberto riesce tuttavia con
energia a rimettere in piedi il Ducato, conservando tuttavia le innovazioni
apportate da Francesco I, che aveva annesso il Ducato alla Francia e ne aveva
ammodernato l’amministrazione: il Senato
di giustizia di Chambéry, la creazione delle province, un sistema di
riscossione di gabelle e imposte
mediante “tailles” .
La capitale viene trasferita da
Chambéry a Torino nel 1563. Di qui, con molte incertezze e grosse difficoltà,
il Ducato savoiardo abbozzerà una politica di espansione verso la Lombardia, il
Monferrato e la Liguria, rinunciando definitivamente al settore occidentale,
dove la Francia lo sorveglia e per lungo tempo lo terrà sotto tutela.
Venezia
Nel 1557 conta 175.000 abitanti e
resta il più ricco e potente di tutti gli Stati italiani. E’ il solo a tenere
testa ai grandi della politica internazionale e che dispone di una forte
potenza militare e navale.
La prima metà del ‘500 è per Venezia
ancora un’epoca di grandezza e splendore, nonostante la recessione economica
nel Mediterraneo e la fortissima pressione turca, che riesce lentamente a
strapparle parti importanti del suo potere in Egeo e nel Levante.
Il patriziato veneto è omogeneo, non
conosce le lotte intestine degli altri stati, ha un forte senso dello stato. Le
masse rurali sono fedeli a San Marco i suoi numerosi artigiani godono di un
buon tenore di vita.
Genova
A differenza di Venezia, ha subito
puntato tutte le sue fortune sulla carta spagnola, da questa alleanza essa trae
grossi vantaggi materiali. Andrea Doria instaura un governo autoritario e con
lui la casta oligarchica dei finanzieri, raggruppati sin dal ‘400 nel Banco di
San Giorgio, sono tesi a relazioni e ad affari con l’estero.
C’è uno stridente contrasto tra la
potenza economica di questa oligarchia finanziaria e la modestia notevole dei
possedimenti territoriali. Genova infeudata alla Spagna segue la sua sorte,
legata come è alla monarchia spagnola. Non a caso, nel ‘700 la Repubblica
genovese entrerà in decadenza e sarà travolta dalla Rivoluzione Francese.
Firenze
Pur continuando a restare uno dei
poli maggiori della ricchezza italiana, non è più l’ardente e florida città del
Medio Evo, dove l’inquietudine politica e spirituale fa tutt’uno col dinamismo
economico.
La famiglia Medici è
riuscita a stroncare le velleità di riforme e di repubblica, Cosimo de’
Medici (1537 – 1574) organizza uno stato assolutistico dove i grandi funzionari
del principe sostituiscono le autorità dei Consigli e delle Assemblee
cittadine, che esistevano sin dall’età comunale.
Gli elementi più attivi, al seguito
di Caterina de’ Medici, moglie di Enrico II di Francia, si installano a Parigi,
i Concini finanzieri di Firenze sono attivi sia a Parigi che a Lione e anche in
diversi altri stati europei (Fiandre).
Ma la finanza fiorentina perde
slancio in seguito alla crisi economica e si orienta verso gli investimenti in
terre e immobili. Si attenua la preponderanza della città sulla campagna e
fatto significativo, lo stato territoriale fiorentino assume il nome di
Granducato di Toscana.
Lo Stato Pontificio
Sino all’inizio del ‘400, il Papa
deve ammettere l’autonomia delle svariate Signorie che si formano un po’
ovunque (Bologna, Rimini, Urbino, Perugia ecc.). I Papi del Rinascimento
sviluppano un’azione che tende a ristabilire la loro autorità assoluta
sull’insieme delle Regioni che dal Po alla Ciociaria formano il loro stato.
Nel ‘500 i Papi più attivi in questo
senso sono Giulio II della Rovere (1503-1513) e Paolo III Farnese (1534-1549).
Anche se i costumi vaticani sono molto corrotti, i Papi del Rinascimento sono
generosi mecenati e ridanno a Roma uno splendore e un prestigio da secoli
scomparsi.
La città conta ora 115.000 abitanti
ed è pina di edifici religiosi e di grandiosi palazzi, si pensi a Palazzo
Farnese (attuale sede dell’Ambasciata francese), tuttavia le basi di questo
stato sono fragili e artificiali.
Il monopolio del clero nelle alte
cariche di governo e dell’amministrazione fa sì che questa sia corrotta e
impotente, lo squilibrio sociale ed economico rende l’unità dello stato precaria.
La Corte pontificia è un mercato nepotistico che assorbe ingenti ricchezze in
spese del tutto antieconomiche. Non esiste una borghesia lavoratrice o di affari, che è in erbo e la fortuna di altre
più avanzate regioni italiane.
Il commercio langue, l’industria è
quasi inesistente e i nobili non si interessano dei loro feudi, abbandonati a
pascolo. La facciata opulente e grandiosa della Roma barocca, nasconde sorde
rivalità di famiglie, rivolte di contadini esasperati da una feroce e
vessatoria politica fiscale, la fame e un vasto endemico brigantaggio.
L’Italia spagnola
Milano
La regione lombarda, favorita dalla
felice posizione geografica, nodo di tutte le più importanti strade alpine,
conosce una solida prosperità sin dai tempi dei Visconti.
Il popolo tuttavia è mantenuto al di
fuori da qualsiasi partecipazione alla vita pubblica e politica, questo spiega
l’estrema facilità della conquista francese e la facile sottomissione al nuovo
padrone spagnolo.
I Regni Meridionali
Sia il Napoletano che la Sicilia
conservano un’antica struttura feudale: vaste masse contadine arretrate e
miserabili sono sottoposte immediatamente al dominio del clero e dei baroni.
Napoli conosce tuttavia una lieve
ripresa economica agli inizi del ‘500, ma lentamente la situazione economica si
degrada. Madrid è lontana e cerca di mantenere i suoi possedimenti italiani,
per legarli e sfruttarli nella sua politica di grande potenza internazionale.
La Spagna porta a Napoli anche
l’intolleranza religiosa, che sarà aggravata dalla Controriforma; dai Regni
meridionali vengono così cacciati gli Ebrei che da secoli erano una positiva
presenza imprenditoriale nel mezzogiorno.
La feudalità che poggia sul latifondo
si rafforza e la vita del Regno è tutta intorno alla grande proprietà, che a
sua volta è asservita al Vicerè spagnolo.
Alla sonnolenza di una società
pietrificata rispondono le violenze di frequenti e sporadiche ribellioni
contadine con il loro funesto seguito: il banditismo cronico e l’esodo di masse
rurali verso le aree urbane che si ingrandiscono artificiosamente di folle
miserabili, di mendicanti, disoccupati, mentre la criminalità si diffonde
sempre più aggressiva.
Gli strumenti del dominio spagnolo
Essi sono due: a) il controllo
politico e militare della Penisola; b) la Chiesa cattolica.
a) Il controllo politico e militare si
esercita direttamente o indirettamente attraverso le dinastie asservite. La
Spagna occupa i punti strategici che sono i nodi stradali interni, le isole, i
grandi porti mediterranei.
b) La Controriforma asseconda e rafforza
il potere della Spagna. Al soldato del re di Spagna si affianca il monaco e il
prete cattolico che, soffocando ogni forma di libero pensiero e i tentativi di
Riforma, unificano la Penisola nell’ideologia che è un tutt’uno con la Corona
di Spagna e col suo “Consejo de Italia”.
Non a caso l’Inquisizione è un
potente mezzo di controllo e di repressione della monarchia spagnola, ora anche
il Papato italiano è attivo per consolidare il dominio di Madrid sugli Stati
della Penisola.
E’ vero che la Controriforma ha ance
un aspetto di Riforma cattolica, nel senso di rinnovamento delle istituzioni
ecclesiastiche: ma i tentativi in questo senso, si pensi all’Arcivescovo di
Milano Carlo Borromeo, citato dal Manzoni, restano isolati.
L’Inquisizione del Santo Uffizio
Romano nei papati di Paolo III, Paolo IV, Pio VI, proprio con l’appoggio della
Spagna, se per un verso soffoca l’eresia, per l’altro consolida la dominazione
spagnola.
I deliberati del Concilio di Trento e
la Inquisizione cattolica segnano l’Italia profondamente e questa impronta
seicentesca durerà a lungo nella nostra storia nazionale: la religione cede il
posto alla devozione, spesso alla religiosità esteriore o folcloristica, alla
potenza materiale di un clero intransigente e potente per la presa e la
pressione che esercita sulla società.
Le fasi del domino spagnolo
Oggetto e
strumento, e insieme posta e asse dello scacchiere politico europeo, l ‘Italia
sopporta nei suoi rapporti con la Spagna, le fluttuazioni del destino della
potenza iberica:
-
L’apogeo
(1559-1598).
-
Il
periodo del principio dell’indebolimento spagnolo (1598-1618).
-
Il
gran conflitto europeo o Guerra dei
Trentanni ( 1618-1648) e il fallimento del disegno di dominio europeo della
Spagna.
-
La
distruzione della supremazia spagnola ad opera della Francia ( 1648-1650-1713).
Apogeo
1559-1598
E’ il periodo che corrisponde
all’egemonia della Spagna su la Francia paralizzata dalle guerre di religione e
ai primi effetti benefici del rovesciamento della congiuntura, che segue le
grandi scoperte coloniali.
Mentre si organizza la Controriforma,
i sovrani spagnoli instaurarono un potere autoritario e burocratico. Che
comprime vigorosamente le manifestazioni di malcontento popolare. Lo stesso
dicasi degli altri potentati italiani.
L’Italia è la base di partenza per la
lotta contro i Turchi, alla quale coopera Venezia. La “lega cristiana” di PIO V
riprende i temi della crociata contro gli infedeli, essa si conclude con la
grossa vittoria di Lepanto nel 1571.
Ma il successo non è per nulla
decisivo.
Deciso a distruggere l’Inghilterra,
Filippo II di Spagna impiega qui le sue energie ed è costretto a lasciare
un’Italia ancora aperta alla minaccia turca, che non tarda a farsi sentire con
innumerevoli e continue aggressioni. Nel 1570, del resto, Venezia perde Cipro.
A poco a poco, la vita marittima intristisce e le coste italiane si impaludano
e diventano luoghi di pericolo.
Il periodo dal 1598 al 1618
E’ il periodo in cui si va
profilando, sia pure con lentezza, il declino della Spagna, di fronte alla
vitalità e all’aggressività delle giovani nazioni marittime e coloniali, come
la Gran Bretagna e l’Olanda e anche di fronte al risollevarsi della Francia,
sotto il re Enrico IV che termina le guerre di religione.
Per assicurarsi i legami continentali
con le Fiandre e l’Austria, la Spagna, che ha perduto la signoria
dell’Atlantico, infestato dalla terribile marina inglese e olandese, deve
consolidare la via del Mediterraneo e infine anche le lunghe e difficili
comunicazioni terrestri. La posizione geografica dell’Italia la destina a
questo compito.
Dalla base di Genova, due grandi assi
di circolazione attraversano:l’uno il Monferrato e la Savoia verso la Francia
Contea e i Paesi Bassi, l’altro, la Lombardia con la Valtellina, verso il
Tirolo e la Germania. Madrid si sforza allora di controllare meglio l’Alta
Italia, ma trova non poche resistenze (specie Venezia e la Savoia).
Nel 1620 i cattolici della Valtellina
compiono “i sacri macelli” dei
protestanti di quella regione svizzera e aprono le frontiere alle truppe
spagnole di Lombardia. La Valtellina è così posta sotto la sovranità del Canton
dei Grigioni, cattolico, ma la Francia è intervenuta, anche se questo
intervento non ha esito, esso però anticipa l’azione antispagnola della Francia
in Italia.
La decadenza economica
All’epoca d’oro del Rinascimento
succede, a partire dalla seconda metà del ‘500, una fase di stagnazione e
infine di decadenza. Le cause generali vanno poste nello spostamento del centro
di gravità economico europeo dal Mediterraneo all’Atlantico, in seguito alle
grandi scoperte geografiche. Tuttavia, il rovesciamento della congiuntura non è
immediatamente catastrofico per l’Italia e bisogna distinguere due momenti:
1°) L’età di S. Martino dell’economia italiana.
Questa felice espressione di Carlo
Cipolla si applica agli ultimi decenni del’500 e i primi del’600, corrisponde
allo stabilimento e all’apogeo dell’egemonia spagnola sulla Penisola. Al riparo
della potenza iberica, l’Italia, dove il transito delle merci venute
dall’Oriente continua attraverso il Mediterraneo in modo massiccio, subisce gli
effetti benefici dell’afflusso dei metalli preziosi nel Nuovo Mondo, così il
Banco Genovese di S. Giorgio tocca il
culmine della prosperità.
Anche il forte aumento dei prezzi, se
per un verso dà corso ad una intensa pauperizzazione, per un altro permette il formarsi, sia pure
nelle mani di pochi, di ingenti fortune. L’Italia conosce una febbre edilizia e
speculativa molte forte, essa conserva i
ricchi clienti stranieri cui vende sete, armi, vetrerie. Venezia ha un traffico
intenso e Livorno, legata ai lontani speculatori olandesi, è il nuovo porto che
Firenze allestisce in concorrenza con Genova e Napoli. La pace assicurata, sia
pure relativa, si traduce in quest’epoca in un aumento demografico.
2°) Recessione e decadenza.
La situazione si degrada con
l’asservimento dall’Italia ai disegni di politica estera di Filippo II,
fanatici e non realistici in quanto sproporzionati alla reale consistenza delle
forze iberiche, la terribile lunga guerra dei Trenta anni aggraverà questa condizione.
Una pesante e rapace fiscalità pesa
sugli Stati della Penisola, la rivoluzione dei prezzi, dopo l’euforia
momentanea che permette grossi successi a pochi finanzieri, non vede, come nei
Paesi del Nord – Ovest europeo il sorgere di una borghesia dinamica di
capitalisti innovatori.
L’Italia sembra sclerotizzata nel suo
passato, divisa più che mai tra i pochi fortunati possidenti, più forti e
potenti che mai, e grandi masse in preda
alla miseria progressiva. I finanzieri consolidano i loro soldi in terre e
tendono a ricostruire il tessuto delle medievali servitù feudali, il commercio
mediterraneo a poco a poco viene abbandonato a francesi, olandesi e inglesi.
Questi organizzano nei loro Stati manifatture capaci di soddisfare un mercato
di massa, mettendo così a terra le costose fabbricazioni italiane prodotte per
pochi e difficili clienti.
Il mercantilismo e il protezionismo
in Francia aggravano lo stato dell’economia italiana, anzi, agenti francesi
invitano artigiani in Francia e comprano segreti tecnici di fabbricazione, che
poi impiegano nelle manifatture transalpine, questo spiega perché il Seicento è il secolo della più grave depressione
economica in Italia. Anche Venezia entra in grave crisi e sul finire del secolo
perde Creta, sua ultima colonia in Egeo.
Più che mai i capitali si congelano
negli acquisti fondiari o si sprecano nelle ingenti spese delle realizzazioni
architettoniche del barocco. Questa fioritura dell’edilizia pubblica e privata
è il rovescio negativo di una società che spreca nel lusso e nell’ostentazione
le sue ultime risorse.
Per mancanza di sbocchi professionali
remuneratorie, una grossa parte della popolazione si abbandona intorno alle
poche potenti famiglie, alla ricerca di un particolare clientelismo del tutto
parassitario, si creano così i tipi popolarizzati dalla Commedia dell’Arte, del
lacchè mascalzone, del servo ladro, del prete corrotto senza vocazione. Il
pauperismo, il vagabondaggio la prostituzione sono fenomeni di massa nel
Seicento italiano.
L’Italia si contrae anche
demograficamente, malnutrizione, malattie, epidemie e malaria mietono la
popolazione. Le epidemie nel Regno napoletano in un secolo solo fanno morire
ben 400.000 persone, tutta l’Italia non superava gli 11 milioni di abitanti. Napoli
scende da 275.000 abitanti all’inizio del secolo a 186.000 verso la fine,
Milano dai 160.000 del Cinquecento agli 80.000 nel Seicento.
L’unica risorsa dell’Italia intera è
ora l’agricoltura, le caratteristiche regionali dell’agricoltura italiana di oggi
sono le stesse di quelle formatosi in questo secolo. Il contrasto più marcato è
quello tra le grandi coltivazioni irrigate e fertili dell’Alta Italia e i
latifondi e i pascoli in mano al clero e ai feudatari del Centro e del Sud
della Penisola.
Le tecniche agricole sono nel
Seicento ancora rudimentali, se in certe zone la villa signorile, in seguito al
ripiego sulla campagna del capitalismo urbano, introduce una certa vivacità
economica, per altro le paludi invadono vaste estensioni della Toscana del Lazio
e del Sud, mentre pascoli disordinati arbitrari compromettono per secoli la
vegetazione delle colline e delle montagne.
Solo nei primi anni del Settecento si
delinea una certa ripresa economica nell’Italia del Nord.