COMBATTENTI E MUSSOLINI DOPO IL
CONGRESSO DI ASSISI
Chiarimento necessario
L'autore di
questo scritto, già presidente della Associazione Nazionale Combattenti dal
Congresso di Assisi del luglio 1924 al marzo del 1925, e dal 1944 al 1958;
Deputato al Parlamento nella 27^ Legislatura fascista dal 6 aprile 1924 alla primavera del 1929;
Consultore Nazionale, poi, nel 1945-1946 e ancora Deputato al Parlamento dal 18
aprile 1948 al 25 maggio 1958; l'autore di questo scritto, si diceva, essendo
stato riconosciuto, dagli attuali dirigenti, il più indicato per celebrare il
50° anniversario del Congresso di Assisi (che all'Associazione Nazionale
Combattenti diede lustro in un momento difficile, e al Paese una speranza che
fu delusa per l'incomprensione di uomini che non meritavano di occupare posti
di responsabilità al vertice dello Stato) al recente Congresso di Taranto dell'Associazione
Nazionale Combattenti e Reduci prese la parola; se non che, avendo avuto a
disposizione soltanto mezz'ora di tempo, l'oratore fu costretto a concludere
così: “Interrompo la celebrazione del Congresso di Assisi perché è scaduto il
tempo che mi era stato assegnato per parlare in questa sede”
Ciononostante fu
molto applaudito e anche onorato con una pergamena e una medaglia d'oro.
I congressisti
apprezzarono particolarmente la sua obiettività e non furono pochi coloro che
gli chiesero di pubblicare quanto aveva detto e avrebbe dovuto ancora dire.
Tuttavia il
desiderio dei suoi amici non sarebbe stato forse appagato se alcune settimane
dopo non gli fosse stato segnalato un recentissimo libro intitolato La Ventesima
Legislatura -L'opposizione in Aula, firmato da un collega, Deputato come
lui, nell'epoca caratterizzata dall'assassinio del Deputato Matteotti, dalla
presa di posizione dell'Associazione Nazionale Combattenti al Congresso di
Assisi e dalla condotta degli oppositori di Mussolini in Aula, libro tutt'altro
che obiettivo e rispettoso della verità storica.
Ha perciò
sentito il dovere di confutare e deplorare sia gli errori sia le calcolate
omissioni dello scrittore in questione.
Quanto
all'ultima parte di questo scritto l'autore ha creduto di dover riassumere le
responsabilità assunte da Mussolini nell'ultimo periodo della sua vita, dalla
conquista fittizia dell'Impero alla rovina irreparabile dell'Italia.
L'AUTORE
Mussolini accusò
ricevuta della mia lunga lettera il 28 marzo 1936, ma solo indirettamente e
per e per mezzo di un telegramma
all'Ambasciatore d'Italia a Santiago del Cile firmato Suvich. Segretario di
Stato agli Esteri.
Diceva il
telegramma: “Pregasi far conoscere atteggiamento attuale dell'ex deputato Viola
e se egli
pensa
di rientrare in Italia. Suvich”
Non conobbi mai
la vera risposta dell'ambasciatore, ma seppi successivamente, rientrando in
Patria che nell'aprile del
1944 a guerra finita, quel che si proponeva di fare a mio danno il dittatore.
Infatti da una “Rubrica
segreta delle persone ricercate e sospette” edita a cura della P.S. (Polizia Frontiera e Trasporti) 1° luglio 1943, pag. 838 si poteva leggere
quanto segue:
“Ettore Viola di
Pietro, nato a Villafranca in Lunigiana – Min Int. Cas. - ARRESTARLO”.
Detta rubrica
segreta me la mostrò un funzionario della Questura di Napoli nella stessa
primavera del 1944 allorché gli Alleati, d'accordo col nostro Governo, mi
reintegrarono nell'ufficio di dirigente dell'Associazione Nazionale
Combattenti.
Per un vero
gioco della sorte Mussolini poté fare la sua guerra.
Ho accennato a
un gioco della sorte perché sarebbe bastato che l'Inghilterra bloccasse il
Canale di Suez con l'affondamento di una nave, per mettere in ginocchio il
dittatore.
Invece,
ritenendo forse di potersi intendere con un Mussolini contento e soddisfatto
per la facile conquista dell'impero del Negus, fu di altro avviso. Infatti qualche tempo dopo
la celebrazione della vittoria fascista, gli inglesi presero l'iniziativa di
promuovere con il Duce un incontro chiamato, se non erro, “Convegno di
gentiluomini”.
Mussolini vi
aderì, ma di malavoglia, convinto, com'era che l'Inghilterra gli avesse
lasciato conquistare l'Etiopia perché non aveva i mezzi né forza per
impedirglielo; e ora era sicuro che la stessa Inghilterra volesse allearsi con
lui per difendersi dall'inquieto e già pericoloso dittatore tedesco.
Gli anni
successivi registrarono il grave errore del Duce, ma intanto egli aveva potuto
pavoneggiarsi dei risultati ottenuti e veder tanti italiani riconciliarsi con
lui per i successi conseguiti.
La mia opera
intesa ad amalgamare nell'Associazione gli ex combattenti della prima guerra
mondiale con quelli della seconda, e a non umiliare i “forzati” volontari
della guerra di Spagna, durò lunghi
anni, ma alla fine fu coronata dal successo.
Non è il caso di
elencare il successivo immane lavoro svolto da me e dai miei collaboratori.
Dirò soltanto che per quattordici anni rimasi inchiodato alla mia poltrona di
Piazza Grazioli, come un impiegato qualsiasi e che i miei viaggi per l'Italia
avevano come scopo lo sviluppo dell'Associazione degli ex combattenti e non la
propaganda per essere riconfermato Deputato.
Infine, non per
vantarmene, ma per la verità obiettiva, non sempre gradita ai mie detrattori,
dirò che all'Associazione non feci mai spendere per me, neppure una lira perché
rinunciai sempre ad ogni indennità nonché al rimborso delle spese vive; e
ricorderò agli immemori che durante la mia Presidenza dell'Associazione non fu
mai asservita né ai democristiani né ai comunisti, e tanto meno a un condominio
tra questi due grandi partiti. Ciononostante i comunisti furono
nell'Associazione sempre disciplinati, corretti e amici dello scrivente.
Anche ancorché
mi dimisi volontariamente dalla Presidenza dell'Associazione nel 1958, per aver
ricevuto dall'armatore Achille Lauro, allora capo di un partito monarchico,
un'azione disonesta che mi impedì di essere confermato deputato, i comunisti
furono ancora una volta, con me, tra i più corretti e comprensivi.
Infatti in
quell'occasione, dissociandosi da coloro che vollero ad ogni costo accettare le
mie dimissioni – che peraltro avevo dichiarato irrevocabili – senza seguire la
prassi secondo cui, tra le persone educate e civili si usa respingerle “in
prima istanza”, i comunisti dimostrarono di essere i “più umani” di tanti altri
presenti in Assemblea.
A questo punto,
per far conoscere meglio i mi miei denigratori presenterò altre prove, forse
più convincenti, per dimostrare che il 18 dicembre 1926 non pronunciai alla
Camera il discorso che mi si rimprovera per rientrare nelle grazie di
Mussolini.
Trascriverò,
all'uopo, alcuni documenti del RR.CC. Di quell'epoca:
1)
“Dalla Tenenza di Fivizzano al Comando dei CC.RR. Di
Terrarossa e per conoscenza alla Tenenza di Pontremoli N. 339/10 il 4.1.1938 –
IX:
“On.le Ettore Viola
“Si trascrive per opportuna vigilanza il seguente telegramma:
“R. Questura Massa del 4 andante:
“Ex deputato medaglia d'oro Ettore Viola est
rientrato stamane Regno proveniente Nizza proseguendo subito per Villafranca
Lunigiana.
“Il Maresciallo Maggiore a piedi
Comandante Int. La Tenenza
Firmato: Nardi Giulio
(Timbro della Tenenza di Fivizzano)”.
2)
“R. Questura di
Massa Carra N. 0209 Gab.
“Massa 19 maggio
1931 – Anno VIII
“Al Comando
Stazione CC.RR. - Terrarossa
“Oggetto:
Medaglia d'Oro Ettore Viola
“Noto ex
deputato Medaglia d'Oro Ettore Viola è stato rintracciato a Roma.
Il Reggente di Questura
(Firma illeggibile)
3)
“Legione
Territoriale dei Carabinieri Reali di Livorno
“Tenenza di
Fivizzano
“N. 339/13 di
prot. div. 3^
Fivizzano
lì 9.1.1931 – IX
“Oggetto:
Medaglia d'Oro Ettore Viola
“Al Comando
della Stazione dei CC.RR. di Terrarossa
“Per
disposizioni di vigilanza comunicasi che medaglia d'oro Ettore Viola ha
telegrafato da Milano al fratello
Pietro (era invece mio padre) a Terrarossa Scalo che giungerà colà
domani sera medesimo treno.
“Pregasi
segnalare arrivo.
“Si dispone che
le segnalazioni di arrivo e partenza del suddetto siano fatte, d'ora in poi,
direttamente da codesto Comando alla R. Questura di Massa a mezzo telegramma
cifrato, dandone comunicazione a questa Tenenza con lettera.
“Il Maresciallo Maggiore
Comandante Int. La
Tenenza
Firmato: Nardi Giulio
(Timbro della Tenenza di Fivizzano)”
4)
“Legione Territoriale
dei Carabinieri Reali di Livorno
“Tenenza di
Fivizzano
“N. 339/7 di
prot. div. III -
Fivizzano lì, 1.1.1931 - IX
“Oggetto:
Medaglia d'Oro Ettore Viola
“Al Comando
della Stazione dei CC.RR. Di Terrarossa
“A seguito del
foglio N. 339/2 del 28.12.30 si comunica per notizia seguente dispaccio
Questore Napoli:
“n. 53090 at
02066 stop noto telegramma diretto On.le Viola fu spedito ieri dal Sacerdote
Cileno Lanan Manuel Francesco anni 48 residente Roma che trovasi Capri Hotel Quisisana dal 25
volgente stop.
“Costui est
cugino moglie Viola et favorevolmente conosciuto Capri donde doveva partire
oggi ma partenza est stata rimandata.
“Il Maresciallo
Maggiore,
Comandante Int. La Tenenza
Firmato: Nardi Giulio
(Timbro della
Tenenza di Fivizzano)”
5)
“Legione
Territoriale dei Carabinieri Reali di Livorno
“Tenenza di
Fivizzano
“N. 339/9/930 di
prot. div. III -
Fivizzano lì. 3.1.1931 – IX
“Oggetto:
Sacerdote Cileno Lanai Manuel.
“Al Comando
della Stazione dei CC.RR. di Terrarossa
“Si trascrive il
seguente telegramma della R. Questura di Massa e si prega disporre di
conseguenza riferendo:
“Questore Napoli
mi telegrafa ieri sera è partito diretto codesta volta sacerdote cileno Lanai
Manuel fu Francesco anni 48 da Capri ove giunse 25 dicembre spedì telegramma
On. Viola dandogli appuntamento Spezia Stop Lanai è cugino della moglie
dell'On. Viola e favorevolmente conosciuto a Capri.
“Informo per
vigilanza e accertamenti riferendo. Analoga comunicazione telegrafica ha fatto
il Questore di Spezia
“Il Maresciallo Maggiore
Comandante Int.
La Tenenza
Firmato: Nardi Giulio
(Timbro della Tenenza di Fivizzano)”
Se non dovessero
bastare le prove da me offerte per sbugiardare gli uomini in malafede, potrei
riferirmi ai documenti ufficiali del primo Governo democratico residente a
Salerno nel 1944.
Il filosofo
Benedetto Croce, per esempio, Ministro in quel governo, mi scrisse questa
lettera:
“Carissimo
Signor Viola,
la sua posizione
politica fu discussa ed esaminata a Salerno nel primo Ministero democratico e
concordemente (cioè con il voto dei comunisti, dei socialisti e dei
rappresentanti del Partito d'Azione) fu riconosciuto esente da biasimo e come
tale confermato quale capo dell'Associazione Nazionale dei Combattenti.
“Con cordiali
saluti
Benedetto Croce”
E qualche tempo
dopo il Presidente del consiglio dei Ministeri, On.le Ferruccio Parri, mi
faceva pervenire quest'altra lettera:
“Roma, 31 agosto
1945
“All'On.le
Ettore Viola
Commissario per
l'associazione Nazionale Combattenti
Roma
“Le comunico che
il consiglio dei Ministri, nell'ultima tornata, ha esaminato la di Lei
posizione nei riguardi della Consulta Nazionale ed ha considerato come Ella non
possa farne parte, quale ex parlamentare, per mancanza dei requisiti di cui
all'art. 7 del Decreto Legislativo luogotenenziale 30 aprile 1945, n. 168, in
quanto la dichiarazione da Lei fatta alla Camera dei Deputati nella seduta del
18 dicembre 1926, pur avendo l'unico scopo di renderLe possibile l'allontamento
dall'Italia, formalmente rompeva la continuità dell'atteggiamento antifascista
di fronte al pubblico.
“Debbo tuttavia
darLe atto, anche a nome del Consiglio, che ciò non vale disconoscimento di
tale atteggiamento, che fu da Lei ripreso all'Estero, e dei suoi meriti di
patriota, che furono già oggetto di considerazione da parte del Consiglio dei
Ministri quando fu deciso, nello scorso anno, di affidarle la carica di
Commissario dell'Associazione Combattenti.
“Tengo in
proposito a confermarLe la mia piena fiducia e stima augurandoLe, anche a nome
del Governo, che Ella possa continuare a svolgere l'opera iniziata con grande
passione e con assoluto disinteresse.
“Cordialmente
Ferruccio Parri”
A prescindere
dal fatto che in virtù di una seconda “formalità” mi fu ugualmente riconosciuto
senza difficoltà il diritto di far parte della Consulta Nazionale, sento di
dover esprimere un vivo sentimento di compassione, più che di disprezzo, per
chi, dopo aver combattuto nella stessa guerra del 1915-18 e nello stesso
settore politico alla Camera dei Deputati in rappresentanza dell'Associazione
Nazionale Combattenti e Reduci, si comporta poi come un irresponsabile
qualsiasi nel contesto dei rapporti umani.
Ritengo di aver
fatto chiaramente intendere che se, invece della via tedesca, Mussolini ne
avesse percorsa altra meno satura di ricordi paurosi, tutt'ora vivi nella mente
dei combattenti della prima guerra
mondiale, anche lo scrivente avrebbe forse attenuato la propria reazione
perché non avrebbe avuto alcun motivo per riscartabbellare i codici
delle”inumane teorie teutoniche” destinate a vincere in qualsiasi modo la
guerra.
Il Führer ha
perduto la guerra, ma ha facilitato ai tedeschi di oggi il compito di ripulire
il loro ambiente politico inquinato nei secoli.
Il Duce non ha
vinto né perduto la guerra perché era al rimorchio del confratello tedesco, ma
ha rovinato l'Italia.
Quanto
all'autore delle presenti pagine egli non ha ragione di dolersi per averle
scritte. Tutt'altro!