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mercoledì 14 marzo 2018

La Grande Guerra IV


 La dottrina e la Grande Guerra.



Nella Grande Guerra la logistica ebbe il sopravvento sulla strategia e sulla tattica 

La Grande Guerra, così come è stata condotta è espressione delle Dottrine e dei procedimenti di impiego sopra delineati. Le operazioni del 1914 sono, da parte tedesca altro che la applicazione, anche se non fedele, ed è questo che ha portato al non successo, del pensiero di Schlieffen, tradotto nel piano generale elaborato fin dal 1905. La battaglia della Marna, settembre 1914, ne attesta l’insuccesso, dovuto agli scostamenti che i comandanti tedeschi attuarono del piano, e che da inizio a quel fuorviante pensiero che da avvio ad un periodo nel quale acquista importanza predominante il concetto della resistenza sulle posizioni difensive appoggiate ed ancorate ad ostacoli insuperabili, sulle quali la lotta infuria nell’attesa di avere le condizioni per riprendere la manovra, e quindi l’offensiva che determinerà, una volta condotta a termine, la vittoria, cosa che, sul fronte franco-tedesco, non succederà mai.

Tra il novembre 1914 ed il novembre 1918, con l’intenzione di attrarla nel 1919, si vivrà una spasimante tensione verso la vittoria, si modifica, si corregge si adatta  alle nuove esigenze il modo di combattere, ovvero la dottrina del 1914 allo scopo di ottenere la definitiva rottura del fronte e riprendere la vera guerra offensiva. Sul fronte occidentale, come detto, questo non avverrà mai.

Quattro, quindi, a nostro avviso sono i periodi nei quali possono essere raggruppati, sotto il profilo della dottrina e dei lineamenti di impiego gli avvenimenti succedutesi fra il 1914 ed il 1918, che comunemente chiamiamo Grande Guerra:

1° Periodo: che ha come riferimento il 1914, in cui si osserva lo sforzo della Germania che tende ad ottenere al più presto possibile la conclusone della guerra con la vittoria. Le operazioni hanno una condotta tutta ispirata alla guerra di movimento ed alla offensiva, quindi caratterizzata dalla manovra. Il fronte principale è quello franco-tedesco, comunemente detto occidentale, in cui le due Potenze principali, Francia appoggiata dalla Gran Bretagna,  e Germania si fronteggiano e cercano una, la Germania, di annientare l’altra; l’altra, la Francia, di resistere a tutti i costi.

2° Periodo: inizio 1915 tarda primavera 1918, il campo di azione si allarga, la guerra viene portata in altri campi di battaglia, che danno vita ad altri fronti, sia in Europa che fuori dell’Europa. Ma sono t
utti fronti secondari, non incidenti sul quello principale che rimane quello Franco-tedesco. Sono tutte semplici diversioni perché l’equilibrio tra i contendenti è raggiunto. A rompere questo equilibrio tendono con ogni mezzo i belligeranti tra il 1915 ed il 1918. La condotta delle operazioni mira a rendere inviolabile il fronte, per impedire di giungere alla battaglia che poi deciderà la vittoria. Si vuole la lotta che logora, fino a che uno dei due crollerà. Si osserva che fronti secondari vengono “rotti”: quello austro-serbo, con l’annientamento e la “debellatio” della Serbia; quello russo-tedesco, con l’annientamento e la “debellatio” della Russia, per citare i principali, ma che essendo diversioni, non portano alla conclusione della guerra.

3° Periodo: Tarda primavera 1918 – primavera 1919. Intervento degli Stati Uniti, che vedevano in pericolo i loro crediti concessi agli Stati dell’Intesa, che correvano il pericolo di essere annientati, per via della guerra sottomarina ad oltranza dichiarata dalla Germania. Dichiarata nel 1917 gli Stati Uniti, con gli altri Stati dell’Intesa, preparano i mezzi necessari ed indispensabili per la rottura definitiva del fronte, dopo aver resistito alla offensiva risolutiva tedesca. Tutto è rimandato alla primavera del 1919. Non si ha nessuna rottura del fronte principale.

4° Periodo ottobre-novembre 1918. Quella battaglia risolutiva ricercata per anni  sul fronte occidentale è ottenuta su un fronte secondario, quello italiano. A differenza degli altri fronti secondari, ininfluenti sul fronte principale, franco-tedesco, la battaglia di Vittorio Veneto rompe il fronte, e fa prendere l’offensiva all’Esercito Italiano che, oltre a ottenere l’annientamento e la “debellatio” dell’Austria-Ungheria porta la  minaccia concreta sul tergo del fronte franco-francese, marciando su Innsbruck, Monaco, Lubiana e Vienna. Una delle famose ali dello Schlieffen. Sono undici Armate in grado di rompere gli equilibri annientando un ala dell’esercito tedesco. Per non combattere questa battaglia, i cui esiti si immaginava non postivi ed allo scopo di riportare l’Esercito tedesco intatto in Germania, il Governo di Berlino chiede l’armistizio che porterà alla pace. La battaglia di Francia è rinviata di venti anni, con i Tedeschi che il 14 giugno 1940 entrano a Parigi, ma che fa dire, in modo oggettivo, che la Grande Guerra si è risolta con la rottura di un fronte secondario, quello italiano ma che incise, con altre cause, su quello principale, franco-tedesco, determinandone il crollo del fronte, e quindi la vittoria dell’Intesa sugli Imperi centrali.    
Dal punto di vista della dottrina questa conclusione è perfettamente in linea: la ricerca di una battaglia di rottura, che annienta una delle ali e che fa riprendere la guerra di movimento e quindi, attraverso l’offensiva che permette di raggiungere a vittoria. Proprio quello che è successo a Vittorio Veneto.

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