La dottrina e la Grande Guerra.
Nella Grande Guerra la logistica ebbe il sopravvento sulla strategia e sulla tattica
La Grande Guerra, così come è
stata condotta è espressione delle Dottrine e dei procedimenti di impiego sopra
delineati. Le operazioni del 1914 sono, da parte tedesca altro che la
applicazione, anche se non fedele, ed è questo che ha portato al non successo,
del pensiero di Schlieffen, tradotto nel piano generale elaborato fin dal 1905.
La battaglia della Marna, settembre 1914, ne attesta l’insuccesso, dovuto agli
scostamenti che i comandanti tedeschi attuarono del piano, e che da inizio a
quel fuorviante pensiero che da avvio ad un periodo nel quale acquista
importanza predominante il concetto della resistenza sulle posizioni difensive
appoggiate ed ancorate ad ostacoli insuperabili, sulle quali la lotta infuria
nell’attesa di avere le condizioni per riprendere la manovra, e quindi
l’offensiva che determinerà, una volta condotta a termine, la vittoria, cosa
che, sul fronte franco-tedesco, non succederà mai.
Tra il novembre 1914 ed il
novembre 1918, con l’intenzione di attrarla nel 1919, si vivrà una spasimante
tensione verso la vittoria, si modifica, si corregge si adatta alle nuove esigenze il modo di combattere,
ovvero la dottrina del 1914 allo scopo di ottenere la definitiva rottura del
fronte e riprendere la vera guerra offensiva. Sul fronte occidentale, come
detto, questo non avverrà mai.
Quattro, quindi, a nostro avviso
sono i periodi nei quali possono essere raggruppati, sotto il profilo della
dottrina e dei lineamenti di impiego gli avvenimenti succedutesi fra il 1914 ed
il 1918, che comunemente chiamiamo Grande Guerra:
1° Periodo: che ha come
riferimento il 1914, in cui si osserva lo sforzo della Germania che tende ad
ottenere al più presto possibile la conclusone della guerra con la vittoria. Le
operazioni hanno una condotta tutta ispirata alla guerra di movimento ed alla offensiva,
quindi caratterizzata dalla manovra. Il fronte principale è quello
franco-tedesco, comunemente detto occidentale, in cui le due Potenze
principali, Francia appoggiata dalla Gran Bretagna, e Germania si fronteggiano e cercano una, la
Germania, di annientare l’altra; l’altra, la Francia, di resistere a tutti i
costi.
2° Periodo: inizio 1915 tarda
primavera 1918, il campo di azione si allarga, la guerra viene portata in altri
campi di battaglia, che danno vita ad altri fronti, sia in Europa che fuori
dell’Europa. Ma sono t
utti fronti secondari, non incidenti sul quello
principale che rimane quello Franco-tedesco. Sono tutte semplici diversioni
perché l’equilibrio tra i contendenti è raggiunto. A rompere questo equilibrio
tendono con ogni mezzo i belligeranti tra il 1915 ed il 1918. La condotta delle
operazioni mira a rendere inviolabile il fronte, per impedire di giungere alla
battaglia che poi deciderà la vittoria. Si vuole la lotta che logora, fino a
che uno dei due crollerà. Si osserva che fronti secondari vengono “rotti”:
quello austro-serbo, con l’annientamento e la “debellatio” della Serbia; quello
russo-tedesco, con l’annientamento e la “debellatio” della Russia, per citare i
principali, ma che essendo diversioni, non portano alla conclusione della
guerra.
3° Periodo: Tarda primavera 1918
– primavera 1919. Intervento degli Stati Uniti, che vedevano in pericolo i loro
crediti concessi agli Stati dell’Intesa, che correvano il pericolo di essere
annientati, per via della guerra sottomarina ad oltranza dichiarata dalla
Germania. Dichiarata nel 1917 gli Stati Uniti, con gli altri Stati dell’Intesa,
preparano i mezzi necessari ed indispensabili per la rottura definitiva del
fronte, dopo aver resistito alla offensiva risolutiva tedesca. Tutto è
rimandato alla primavera del 1919. Non si ha nessuna rottura del fronte
principale.
4° Periodo ottobre-novembre
1918. Quella battaglia risolutiva ricercata per anni sul fronte occidentale è ottenuta su un
fronte secondario, quello italiano. A differenza degli altri fronti secondari,
ininfluenti sul fronte principale, franco-tedesco, la battaglia di Vittorio
Veneto rompe il fronte, e fa prendere l’offensiva all’Esercito Italiano che,
oltre a ottenere l’annientamento e la “debellatio” dell’Austria-Ungheria porta
la minaccia concreta sul tergo del
fronte franco-francese, marciando su Innsbruck, Monaco, Lubiana e Vienna. Una
delle famose ali dello Schlieffen. Sono undici Armate in grado di rompere gli
equilibri annientando un ala dell’esercito tedesco. Per non combattere questa
battaglia, i cui esiti si immaginava non postivi ed allo scopo di riportare
l’Esercito tedesco intatto in Germania, il Governo di Berlino chiede
l’armistizio che porterà alla pace. La battaglia di Francia è rinviata di venti
anni, con i Tedeschi che il 14 giugno 1940 entrano a Parigi, ma che fa dire, in
modo oggettivo, che la Grande Guerra si è risolta con la rottura di un fronte
secondario, quello italiano ma che incise, con altre cause, su quello
principale, franco-tedesco, determinandone il crollo del fronte, e quindi la
vittoria dell’Intesa sugli Imperi centrali.
Dal punto di vista della
dottrina questa conclusione è perfettamente in linea: la ricerca di una
battaglia di rottura, che annienta una delle ali e che fa riprendere la guerra
di movimento e quindi, attraverso l’offensiva che permette di raggiungere a
vittoria. Proprio quello che è successo a Vittorio Veneto.