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venerdì 29 settembre 2017

La Battaglia di Custoza III-IV

1.       SITUAZIONE GENERALE
a.       Situazione generale militare
(1)       I quadri – le forze – i mezzi
(a)     I capi: organizzazione del vertice operativo
In analogia all’Esercito Prussiano, l’Italia adottò la soluzione per la quale il Re Vittorio Emanuele II avesse il comando supremo e che lo esercitasse attraverso il suo Capo di Stato Maggiore, individuato nel Generale Alfonso La Marmora, che fino a due giorni prima dell’inizio delle ostilità ricopriva l’incarico di Presidente del Consigli dei Ministri. Il Ministro della Guerra era il Generale Ignazio de Genova di Pettinengo.
Il contingente destinato alla campagna contro l’Austria fu organizzato in:
·       Armata del Mincio, sotto il comando del Re in persona e quindi del Gen. La Marmora,
·       Armata del Po comandata dal Generale Cialdini.
Il Comandante in Capo delle Forze Armate era l’Imperatore Francesco Giuseppe. L’Esercito si componeva di un’Armata dell’Iser, di un’Armata del Nord e un’Armata del Sud.

L’Armata del Sud, impegnata nella campagna contro l’Italia, aveva da poco cambiato il comandante supremo: al Maresciallo Benedek, assegnato per operare sul fronte principale in Boemia, era subentrato l’Arciduca d’Austria, feldmaresciallo Alberto Federico Rodolfo, figlio dell’Arciduca Carlo. 

martedì 19 settembre 2017

la Battaglia di Custoza IV-V.


(a)     Gli SM: la loro organizzazione ordinativa
Erano passati “soli cinque anni dalla costituzione dell’Italia in Regno, e, oltre allo straordinario ingrandimento dell’Esercito piemontese, si era dovuto procedere alla fusione nel regio Esercito di una parte dei quadri dell’Esercito delle Due Sicilie e dell’Esercito garibaldino. Con finanze assai ristrette, si erano dovuti fabbricare materiali in grandissima copia, creare dotazioni, stabilire magazzini e depositi, creare stati maggiori, quadri, ecc. […][i].L’Italia non aveva ancora una tradizionale efficienza nel servizio di stato maggiore. I generali La Marmora, Della Rocca e Cialdini erano ottimi ufficiali con una splendida carriera militare alle spalle, ma con nessuna esperienza di comando di un enorme contingente e per di più costituito da soldati regolari. Il Gen. La Marmora che assunse poi l’incarico di Capo di Stato Maggiore era quello più impegnato dal punto di vista politico e che quindi aveva una percezione della realtà dello strumento militare veramente limitata. Se a questo aggiungiamo una certa “gelosia” tra i grandi generali italiani, ma soprattutto il desiderio del Re Vittorio Emanuele II di dirigere le operazioni, insieme al Gen. Petitti, è facile intuire che il Comando Supremo delle operazioni, così come l’organizzazione degli stati maggiori, non poteva che presentare dei problemi che si sarebbero ripercossi sulle operazioni.
Lo stato maggiore, come inteso dai prussiani e anche dagli austro-ungarici, non era mai esistito nell’Esercito Sardo e continuò a non esistere anche nell’Esercito Italiano. Gli Ufficiali di stato maggiore, al termine dei corsi frequentati, avevano dismesso lo studio che diventava privilegio di pochissimi volenterosi. Gli stessi inadeguati insegnamenti strategici, tattici, procedurali e storici erano stati dimenticati per cui nel 1866, pochi erano gli Ufficiali si stato maggiore preparati.
Benché non abbondante di vittorie, la tradizione militare austro-ungarica era molto solida. Anzi, si può dire che la vitalità dell’Impero di Francesco Giuseppe risiedeva proprio nell’esercito. Pur tuttavia, la principale cagione dei mali era la scarsità di grandi condottieri. Non mancavano i generali dotti e preparati, ma i geni militari rimanevano soffocati dalla ferrea disciplina, dalle consuetudini e dai pregiudizi da cui era emerso nel recente passato solo l’Arciduca Carlo, padre di Alberto.



[i] Pollio A., Custoza (1866), Libreria dello Stato, Roma, 1935, p. 3